Contenuto principale

Messaggio di avviso

I rapporti sociali e le iniziative dei D'Oria

Nel prezioso revival di vita ciriacese del prof. Ernesto Bellone "CIRIE' DUCALE" è analizzata con acuta maestria una ricca messe di dati sulla vita sociale di Ciriè tra il 1530 ed il 1717. L'Autore nell'introduzione scrive: "le interpretazioni e i giudizi che si avanzano vanno considerati soltanto criticamente validi e non definitivi".

E' vero: tutto, e massimamente la Storia, è materia opinabile. Persino i documenti di più facile lettura, senza insidie filologiche di interpretazione, rilevano al più una verità soltanto cartacea. Tuttavia, essendo questa la sola che offre almeno una base surrettizia alla realtà , vedremo in base ad alcuni documenti quale fu l'impatto dei D'Oria con il loro nuovo ambiente ciriacese. Abbiamo già visto che nei riguardi dei regnanti vi fu, almeno ufficialmente, la massima concordia.

Nei primi decenni del Marchesato, essendo successivamente Duchi Emanuele Filiberto, Carlo Emanuele I, Vittorio Amedeo I e Carlo Emanuele II, il palazzo di Ciriè fu sovente sede villereccia di riposo e svago per i sovrani. Più complicato fu l'assestamento dei rapporti nei confronti degli abitanti della Castellania.

Sia verso taluni esponenti della borghesia che verso il ceto popolare vi furono, specialmente nei primi tempi, delle incomprensioni che sfociarono anche in liti e denunce.

Le liti non sono state certamente una novità introdotta dai D'Oria, considerata la grande quantità di denunce, multe e trasgressioni elencate nei documenti dell'Archivio Comunale nei periodi antecedenti al Marchesato.

à^ ovvio che i beneficiari di taglie, pedaggi e gabelle, quali erano feudatari, non fossero amati svisceratamente da chi era "spremuto", ma la vera causa degli attriti fu il sentirsi lesi nei propri diritti.

Ma quali diritti? à^ qui che sta il malinteso, l'equivoco che fece penare Marchese e popolo. Da sempre i ciriacesi avevano professato piena fedeltà ai Savoia, richiedendone però in cambio concessioni e dispense particolari. Il Sismonda racconta che anche in occasione del ripristino dello Stato Sabaudo Ciriè inviò presso il Duca Emanuele Filiberto una deputazione a complimentarlo e a sollecitare nuove concessioni. I ciriacesi all'avvento della permuta godevano dunque di notevoli franchigie e privilegi.

Era successo che i D'Oria, scegliendo Ciriè sede del loro Marchesato, erano incappati in un luogo in cui gli abitanti godevano di particolari concessioni che, purtroppo, non erano state evidenziate ma neppure annullate nel contratto di permuta. Cosicchè in buona fede da una parte e dall'altra si ingaggiarono aspre contese incentrate specialmente sulla conferma (e cioè nomina e durata) dei Giudici del Marchesato e sulla caccia.

Questo pastrocchio è bene evidenziato nel memoriale dell'epoca trascritto in appendice. A poco a poco però le controversie si appianarono e sparirono poi del tutto dopo l'occupazione napoleonica: ormai i privilegi feudali di tipo medioevale erano scomparsi e quindi cessati i motivi di discordia.

à^ comunque da rilevare che la famiglia D'Oria offre ampia testimonianza della sua intraprendenza in tutti i campi. I D'Oria, pur godendo per molto tempo dei privilegi acquisiti con la permuta Oneglia -Ciriè, non si adagiarono certamente sui soli cespiti feudali prettamente parassitari: lo dimostra la caparbia abilità con la quale conquistarono posti anche di grandissimo rilievo presso la corte Sabauda, oltre che nella gerarchia militare e nelle istituzioni ecclesiastiche, ricavandone spettanze e stipendi talora molto elevati.

Questi impegnativi incarichi non impedirono tuttavia ai D'Oria di seguire con attenzione l'evolversi del borgo di Ciriè come ad esempio, l'interesse dimostrato verso i primi nuclei delle future industrie, alla cui realizzazione contribuirono talvolta in prima persona.

Atti testimoniali del 18 aprile 1694 (citati dal Giachetti) attribuiscono all'abate Carlo Giuseppe D'Oria la costruzione di una fabbrica di filatore annessa alle mura di Ciriè e connessa alle case di Giovanni Paoli, di Giuseppe Fornelli e di Pietro Gillio.

Nel dizionario storico -statistico del 1839 il Casalis offre un preciso elenco delle manifatture ciriacesi del primo ottocento: "3 filatoi della seta con 254 occupati, 3 filature dei bozzoli con 70 addetti, 1 filatura di cotone con 24 lavoratori, 2 concie di pelli con 8 operai, 2 biancherie della tela con 20 persone, poi aziende minori come segherie, molini, fucine, ecc., ed infine due cartiere in cui lavorano 50 persone: una spettante al Marchese di Ciriè e recentemente con notevoli dispendi assai migliorata". Nel campo dell'urbanizzazione reca la firma del Sindaco Emanuele D'Oria il"Regolamento di Polizia Urbana e Rurale", entrato in vigore nel 1856. Il documento, antesignano dei moderni piani regolatori, impartisce disposizioni per fabbricare con maggiore regolarità ed armonia. Lo stesso Marchese cedette i terreni sui quali nel 1869 si impiantarono la stazione ferroviaria ed il viale che vi mette capo. Quasi tutti i Marchesi di Ciriè, chiamati a svolgere funzioni e cariche molto impegnative, ebbero dimora soltanto saltuaria nel palazzo di Ciriè. Ne fa eccezione il Marchese Emanuele che lo elesse a suo domicilio permanente. Egli fu l'ultimo dei D'Oria ad abitare il palazzo. Alla sua morte la proprietà di Ciriè fu venduta dagli eredi alla famiglia Remmert titolare di un'importante fabbrica di nastri e trecce fondata a Ciriè sin dal 1874 da Antonio Remmert immigrato dalla natia Prussia.

Innamorato della sua città , Emanuele D'Oria ne fu stimato Sindaco. Anticonformista, curioso e sperimentatore d'avanguardia, fu tra i primi a destreggiarsi nell'arte della fotografia e in taluni suoi ritratti è palese l'intento ironico.

Parecchie volte, da ragazzo, ho udito gli anziani ancora parlare di lui e il giudizio era laconico, lapidario: " a l'era en galantòm ".

Mi pare questa la migliore epigrafe a ricordo del nostro concittadino Emanuele D'Oria, di professione Marchese.

(1) Nota in appendice: concessioni - tariffe - pedaggi.